Videosorveglianza. Lavoratore sospreso a rubare. Legittimità del controllo e del licenziamento (nota a sentenza)

Con le sentenze in epigrafe la Suprema Corte ha ribadito la legittimità della sanzione disciplinare del licenziamento irrogato al dipendente (nella specie addetto alla biglietteria) a seguito dell’accertamento di un furto, rilevato da una telecamera del sistema di videosorveglianza istallato dall’azienda. 

Nella specie tanto la Corte di merito che quella di legittimità hanno valorizzato il fatto che l’impianto fosse stato utilizzato legittimamente a seguito di accordo sindacale per la tutela del patrimonio aziendale e della sicurezza (base giuridica del trattamento dei dati) nonché nel rispetto del principio di tutela della dignità del lavoratore e di proporzionalità ovvero posizionato in modo tale da evitare riprese dirette dello stesso lavoratore e la sua identificazione, se non successiva e motivata. 

Interessante la conclusione secondo la quale la fattispecie rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (così come modificato dal d.lgs. n. 151/2015) e non nella diversa e più ampia casitica dei cd. controlli difensivi ovvero di quelli disposti dal datore di lavoro, sempre nel rispetto dei principi privacy posti a tutela della dignità del lavoratore,  per tutelarsi da eventuali illeciti – accertati o anche solo sospettati - commessi dai propri dipendenti  (Cass. n. 4984/2014 e Cass. n. 10955/2015). 

A proposito di questi ultimi la recentissima Cassazione richiamata (n. 807/25) ha ribadito la legittimità degli stessi solo se disposti successivamente all’insorgenza di un fondato sospetto circa la commissione di illeciti da parte del dipendente, non essendo utilizzabili quelli retroattivi in quanto in contrasto con l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori: 

può, quindi, in buona sostanza, parlarsi di controllo ex post solo ove, a seguito del fondato sospetto del datore circa la commissione di illeciti ad opera del lavoratore, il datore stesso provveda, da quel momento, alla raccolta delle informazioni” e solo tali informazioni successive potranno fondare l'eventuale esercizio dell'azione disciplinare essendo invece precluso al datore di ricercare nel passato lavorativo elementi di conferma del fondato sospetto e di utilizzare gli stessi a scopi disciplinari in quanto ciò equivarrebbe a legittimare l'uso di dati probatori raccolti prima (e archiviati nel sistema informatico) e a prescindere dal sospetto di condotte illecite da parte del dipendente. 

Avv. Agostino De Zordo - LegalAssociati Roma 

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